Legambiente – Il Green Act che serve all’Italia
26 Febbraio 2015Roma, 26 febbraio 2015 Comunicato stampa
Fiscalità ambientale, città, bonifiche, energia, rifiuti, mobilità nuova, trasporti, dissesto idrogeologico, natura, turismo, fondi strutturali: proposte concrete e misure immediatamente applicabili per far ripartire il Paese.
Cogliati Dezza: “Non abbiamo bisogno di un green washing della politica governativa ma di azioni utili per cambiare l’Italia”
L’Italia è tra i paesi europei maggiormente colpiti dalla crisi, dove la recessione ha fatto esplodere tutti i fattori di debolezza economica, sociale e istituzionale esistenti, eppure, l’Italia ha la concreta possibilità di avviare una ripresa “ambientale” dell’economia e dei consumi. Nel corso della recessione, infatti, gli elementi di efficienza e sostenibilità ambientali si sono irrobustiti. Nonostante l’assoluta mancanza di politiche esplicite e di idonee scelte di governo, l’economia e la società italiana hanno gestito in maniera più efficiente le risorse, hanno consumato meno energia, prodotto più energia da fonti rinnovabili e riciclato più rifiuti, trasformato stili di consumo in un senso più sostenibile. A differenza di altri paesi ciò non è avvenuto per una scelta deliberata ma è ugualmente avvenuto.
Partendo dall’analisi dello stato del Paese, confermata dai parametri di Ambiente Italia 2015, il rapporto annuale sullo stato del Paese realizzato dall’istituto Ambiente Italia e Legambiente, l’associazione ambientalista ha presentato oggi a Roma “Il Green Act che serve all’Italia”, un documento che avanza proposte concrete e misure immediatamente applicabili per affrontare le sfide del futuro. In 11 schede sono stati presentati i temi fondamentali per realizzare la svolta di cui c’è bisogno e che quindi dovrebbero trovare cittadinanza nel Green Act annunciato dal Premier Renzi per marzo 2015, traducendosi anche in proposte legislative: fiscalità ambientale, città , bonifiche, energia, rifiuti, mobilità nuova, trasporti, dissesto idrogeologico, natura, turismo, fondi strutturali. Tutti temi che hanno strettamente a che fare con lo sviluppo economico del Paese, con la possibilità di creare filiere produttive e nuova occupazione, di produrre più benessere per tutti nel momento stesso in cui garantiscono risposte ai bisogni dei cittadini in termini di sicurezza, salute e qualità della vita.
Al convegno, aperto da Duccio Bianchi, dell’Istituto Ambiente Italia e Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale Legambiente, hanno partecipato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, il Sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Ilaria Borletti Buitoni, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Gianluca Galletti e poi Paolo Acciai (Segretario Filca Cisl), Catia Bastioli (AD Novamont), Marino Berton (Coordinamento Free), l’on Chiara Braga, l’on Pippo Civati, Erasmo D’Angelis, Capo Struttura Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche di Palazzo Chigi, Roberto Della Seta (Green Italia), il Sindaco di Pavia Massimo De Paoli, Stefano Landi (Economista Luiss Roma), Gaetano Maccaferri (Vicepresidente Confindustria), l’on Giulio Marcon, la sen Paola Nugnes, l’on Ermete Realacci (Presidente Commissione Ambiente e Territorio Camera dei Deputati), Fabio Refrigeri (Assessore Infrastrutture, Politiche Abitative, Ambiente – Regione Lazio), Riccardo Sanna (Coordinatore politiche economiche CGIL), Paolo Buzzetti (Presidente Ance), Maurizio Marcelli (Responsabile Ufficio Salute, ambiente, sicurezza Fiom Cgil).
Dalla foto scattata da Ambiente Italia 2015 vediamo che il Pil procapite nel 2014 è sceso poco sotto la media europea (prima della crisi era superiore del 10%). La disoccupazione è cresciuta e a fine 2014 il tasso ha raggiunto il 12,8% (il 21% nel Mezzogiorno), rispetto al 10% della media europea. Ma il problema principale dell’Italia è la non occupazione: nel 2014 le persone occupate sono meno del 56% della popolazione tra i 15 e i 64 anni con una distanza marcatissima dall’Unione Europea (il 65,5%). Ancora più marcata è la differenza nel tasso di occupazione femminile (il 46%). Recessione e politiche di austerità hanno causato l’incremento delle persone in condizioni di deprivazione materiale e di esclusione sociale, con una incidenza molto accentuata nel Mezzogiorno (il 46% della popolazione). Sono cresciute le diseguaglianze nella distribuzione del reddito. In Italia il 10% più povero detiene il 2,2% dei redditi, mentre il 10% più ricco ne detiene il 24,6%. Cala drammaticamente la qualità del capitale umano: l’Italia è, tra i 28 paesi dell’Ue, quello con il più basso tasso di istruzione universitaria tra i giovani e uno dei cinque – con Spagna, Malta, Portogallo e Romania – con il più alto tasso di giovani (18 – 24 anni) che non frequentano o che sono privi di un titolo di studio di scuola media secondaria. Abbiamo un crescente ritardo nell’innovazione tecnologica e di prodotto con la completa stasi della capacità brevettuale: mentre in tutti i paesi vi è stata negli ultimi dieci anni una crescita del numero di brevetti (globalmente il 50% in più, il 20% in più nella UE), in Italia il numero resta fermo, meno di 5.000 annui. E’ il sintomo inequivocabile della marginalità tecnologica del Paese. Se non produciamo innovazione è anche perché non investiamo in ricerca e sviluppo. Complessivamente gli investimenti sono pari all’1,2% del Pil e sono rimasti statici durante la recessione (mentre in Europa sono cresciuti). La spesa per ricerca e sviluppo in Italia è pari al 62% della media europea, al 40% c.a di quella della Germania e della Svezia. Ma la vera emergenza per il futuro è rappresentata dai Neet, not (engaged) in Education, Employment or Training. Il 26% di coloro che hanno tra 15 e 29 anni non studiano, non lavorano, non sono in un qualche processo formativo. A parte la Grecia, è il massimo valore registrato in tutta l’Unione Europea. E il Mezzogiorno è di gran lunga l’area europea con i più alti livelli di esclusione.
In questa situazione di recessione abissale, l’economia italiana ha ottenuto risultati sorprendenti in alcuni settori ambientali, una conversione ecologica sostanzialmente spontanea, in parte determinata dalla recessione stessa che ha spinto le aziende verso comportamenti più attenti e virtuosi.
In Europa tra il 2004 e il 2013 il consumo di materia si è ridotto del 15% ma in Italia i progressi sono stati maggiori: il consumo assoluto è diminuito del 32% (255 milioni di ton di materiali in meno all’anno estratti dal pianeta) e la produttività delle risorse è cresciuta ben del 40%. Ciò grazie soprattutto alla riduzione dei consumi energetici, dei consumi di metalli (con un maggior riciclo) e dell’attività edilizia. Nel 2013 i consumi lordi di energia primaria sono scesi a 173 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, l’1,9% in meno rispetto al 2012 e per il 2014 si prevede una ulteriore contrazione. E’ proseguita una forte contrazione dei consumi petroliferi e di gas e una crescita delle fonti rinnovabili. E’ tornata a migliorare l’efficienza energetica dei processi di produzione e di consumo. Nel 2014, invece, ha fortemente rallentato la corsa delle rinnovabili, che pure continuano a crescere sia in termini assoluti che come quota sul totale della produzione energetica. In termini di produzione elettrica è ancora cresciuto il fotovoltaico (+10%), ed è rimasta stabile la produzione eolica. Nel 2014, il 44% della produzione nazionale di energia elettrica deriva da fonti rinnovabili (102.000 GWh da idroelettrico, geotermico, eolico e fotovoltaico e circa 17.000 stimate da biomassa, rifiuti e bioliquidi), il massimo mai raggiunto, in crescita ulteriore rispetto al 2013 (era circa il 39%). Nel settore elettrico, in particolare, l’Italia diventa il terzo principale produttore europeo di elettricità derivante sia dall’insieme delle rinnovabili (dopo Germania e Svezia) sia dalle rinnovabili non idroelettriche (dopo Germania e Spagna).
Nel 2012, secondo i dati Eurostat, in Italia sono stati riciclati oltre 53 milioni di tonnellate di rifiuti. In valore assoluto, l’Italia è il Paese europeo con le maggiori quantità recuperate dopo la Germania. Ciò dipende soprattutto dalla specificità del sistema industriale italiano che consente un elevato riciclo interno degli scarti industriali e addirittura richiede una consistente importazione di materie seconde. La recessione e la conversione energetica hanno poi consentito all’Italia di abbattere significativamente negli ultimi anni le emissioni climalteranti. Dopo una forte crescita tra il 1990 e il 2005, nel 2013 le emissioni climalteranti sono il 16% inferiori a quelle del 1990.
Ciò che è straordinario è che tutto ciò è avvenuto in assenza di politiche pubbliche e di investimenti mirati tanto che in Italia alcune questioni ambientali continuano a ripresentarsi sostanzialmente senza soluzione: la concentrazione di PM10 (e delle frazioni più fini), resta elevata e il 30% della popolazione è esposto a concentrazioni superiori alla norma; nel settore dei rifiuti urbani siamo in affanno. Nell’insieme, l’Italia giunge a poco meno del 40% di raccolta differenziata e a poco più del 40% a discarica (la Germania arriva a poco meno del 65% di differenziata e a poco più dell’1% a discarica). Il consumo di suolo rimane un problema: tra il 1989 e il 2006 il suolo consumato sale al 6,6%, al ritmo di 265 kmq all’anno e poi rallenta per giungere al 2010 al valore del 6,9%. Un fenomeno particolare è quello dello sprawling: la crescita di case sparse e di piccoli nuclei abitati, la proliferazione di capannoni, svincoli, parcheggi, centri commerciali. A peggiorare la situazione, l’urbanizzazione delle aree costiere e l’abusivismo. Il ricco patrimonio culturale e paesaggistico dell’Italia ha poi un impatto economico diretto marginale (le entrate dei musei e monumenti statali ammontano a soli 126 milioni di euro) e lo stesso turismo italiano conosce una forte stasi, sia in termini di visitatori che di fatturato. In rapporto agli abitanti, le presenze turistiche dell’Italia sono inferiori del 25% a quelle della Spagna o della Grecia.
“Il Green Act che serve all’Italia – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – deve rappresentare una scossa e aprire un nuovo indirizzo di politica economica, fiscale, industriale, culturale. Serve un disegno strategico che avvii un percorso organico fatto di misure concrete, da subito operative per realizzare quel cambio di passo necessario a rompere con le idee di sviluppo del Novecento, perché dal boicottaggio delle rinnovabili allo Sblocca Italia non c’è stato nessun segnale di cambiamento, come se questi temi non fossero urgenti e non rappresentassero una parte sostanziale del rilancio del Paese. Eppure oggi nell’edilizia nell’energia, nei rifiuti come in agricoltura è evidente che vi sia spazio solo per chi punta su innovazione e qualità ambientale. Il mondo è cambiato e l’Italia oggi ha una reale possibilità di trovare una propria bussola nella globalizzazione valorizzando quelle risorse, vocazioni e talenti che tutto il mondo ci invidia e utilizzando la chiave del clima come opportunità per permettere a famiglie e imprese di ridurre consumi energetici e importazioni di fonti fossili. Ma per fare ciò occorre accompagnare e promuovere il cambiamento con una chiara prospettiva di investimenti e regole”.
Affinché il Green Act possa dispiegare fino in fondo le sue potenzialità e rappresentare l’avvio di una strategia complessiva che coinvolge il sistema paese e che gli fa fare un salto di qualità, ci sono anche alcune precondizioni imprescindibili, che determineranno il successo o il fallimento di ogni politica di innovazione. Parliamo di questioni strutturali che riguardano l’assetto di base del paese come legalità, istruzione, cultura.
I temi e le proposte di Legambiente
#1 _ FISCALITÀ AMBIENTALE: chi inquina paga, chi innova risparmia
In Italia ogni anno vengono stanziati 5,7 miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili.
Le proposte:
- Adeguare i canoni delle concessioni demaniali.
- Eliminare i sussidi alle fonti fossili.
- Eliminare la possibilità per i Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazioni per le spese correnti.
- Applicare subito l’Articolo 15 della Delega Fiscale (fiscalità ambientale ed energetica).
#2_ CITTÀ: rigeneriamole
Solo nelle città metropolitane italiane vivono 20 milioni di persone.
Le proposte:
- Una struttura di missione per indirizzare e coordinare interventi di rigenerazione urbana
- Disincentivare consumo del suolo, incentivare e semplificare le procedure per la riqualificazione dei condomini
- Rendere operativo il fondo per l’efficienza energetica e stabilire i criteri per l’accesso di privati e enti pubblici.
- Escludere dal patto di stabilità gli interventi di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio pubblico.
- Approvare subito il DL in materia di “Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato”.
#3_BONIFICHE: risanare le ferite
Sono oltre 100mila gli ettari di terreno da bonificare. Solo il 3% è stato ad oggi bonificato.
Le proposte:
- Istituire un fondo nazionale per le bonifiche dei siti orfani (modello Superfund).
- Trasparenza negli appalti, legalità, fine dei commissariamenti, maggiori controlli ambientali.
- Puntare sulle bonifiche in situ.
#4_ENERGIA: Italia rinnovabile
Nel 2014 il 44% della produzione nazionale di energia elettrica è derivato da fonti rinnovabili. L’efficienza energetica per unità di prodotto e di servizio è +9,5% nel periodo 2000 – 2013.
Le proposte:
- Introdurre regole chiare e trasparenti per l’approvazione dei progetti da rinnovabili
- Garantire e semplificare l’autoproduzione di energia per Comuni, famiglie, aziende
- Cancellare miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili dalle bollette.
#5_RIFIUTI: ridurre e riciclare prima di tutto
In Italia il conferimento di rifiuti in discarica costa al massimo €25 per tonnellata; il 37% dei rifiuti urbani viene ancora smaltito in questo modo, in Sicilia il 93%.
Le proposte:
- Penalizzare lo smaltimento in discarica con un aumento dei costi di conferimento (ecotassa).
- Eliminare gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti
- Incentivare e premiare la riduzione dei rifiuti, il recupero di materia, gli acquisti verdi.
- Rispetto delle scadenze e delle multe per gli obietti della raccolta differenziata.
#6_MOBILITÀ NUOVA: pedoni, pedali, pendolari
La mobilità urbana assorbe il 97% di tutti gli spostamenti.
Le proposte:
- Fissare target nazionali di spostamenti individuali su mezzi privati a motore, per ridurli drasticamente.
- Far viaggiare in sede protetta e in corsie preferenziali almeno un terzo dei percorsi della rete di trasporto pubblico di superficie.
- Introdurre nel nuovo Codice della Strada, attualmente in discussione in Parlamento, un nuovo limite di velocità a 30km orari su tutta la rete viaria dei centri abitati.
#7_TRASPORTI: #cambiareverso alle infrastrutture
Sono tre milioni i pendolari che ogni giorno si muovono in treno in Italia. Rispetto al 2009 le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 20%.
Le proposte:
- Priorità alla mobilità nelle aree urbane: 50% della spese per opere pubbliche.
- Aumentare e ammodernare i treni in circolazione e rendere competitivo il servizio ferroviario.
- Regioni: razionalizzare orari e linee, aumentare investimenti (5% del bilancio)
- Superare il fallimento della Legge Obiettivo
#8_ DISSESTO IDROGEOLOGICO: azioni per prevenire
Sono 6 milioni gli italiani che vivono o lavorano in aree ad alto rischio idrogeologico.
Le proposte:
- Basta con i vecchi progetti rimasti nei cassetti per anni, serve qualità nella progettazione
- Non più difesa passiva ma politiche di prevenzione: spazio ai fiumi e naturalizzazione del territorio.
- L’unità di missione garantisca l’efficacia a scala di bacino, non solo interventi puntuali
- Istituire le Autorità di distretto, con strumenti adeguati per raggiungere gli obiettivi delle direttive comunitarie.
- L’adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione del rischio procedano insieme e non più su binari separati
#9_NATURA: investire sulla biodiversità conviene
I parchi hanno attirato il 3,7% dei pernottamenti nazionali, pari a 14 mln di presenze.
Le proposte:
- Garantire una fiscalità di vantaggio per le comunità che custodiscono i servizi ecosistemici.
- Completare l’istituzione della Rete Natura 2000 e delle aree protette marine e terrestri.
- Evitare nuove procedure di infrazione da parte dell’UE per la mancata applicazione delle Direttive in materia.
#10_TURISMO: l’Italia oltre la grande bellezza
Secondo l’Eurobarometro 2012, ambiente e natura sono il primo fattore di fidelizzazione turistica.
Le proposte:
- Integrazione delle diverse vocazioni e risorse territoriali per diversificare e destagionalizzare.
- Sostenere e incrementare i servizi per il turismo dolce e non motorizzato.
- Incentivare l’adozione di un sistema di indicatori per la gestione sostenibile delle destinazioni
- Favorire l’acquisizione di competenze turistiche anche a professionisti di altri settori (agricoltori) e mettere ordine nei sistemi regionali delle guide turistiche.
#11_ RISORSE EUROPEE 2014-2020: sfide e opportunità
Oltre 100 miliardi di risorse resi disponibili dal quadro finanziario europeo per il periodo 2014-2020.
Le proposte:
- Allocare almeno il 20% delle risorse disponibili per il clima il 5% per lo sviluppo urbano sostenibile.
- Stabilire target ambiziosi e obbligatori per tutti i fattori fisici (es. tonn. di CO2 eq. di risparmio)
- Semplificare i processi decisionali, mettere in atto sistemi di monitoraggio e verifica della spesa.
- I fondi siano volano delle politiche ordinarie, per spenderli bene e spenderli tutti.
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