IL MEZZOGIORNO INVECCHIERÀ DI PIÙ. È GIÀ ALLARME PER SANITÀ E WELFARE
22 Aprile 2013
Fonte: Repubblica.it
Una ricerca del Censis stima che da qui al 2030 la percentuale di popolazione anziana nel Sud aumentarà a ritmi più elevati (+35,1%) rispetto al resto del Paese: dunque non ci sarà un’offerta pronta a raccogliere la conseguente domanda di cure mediche e assistenziali. Ad aggravare la prospettiva, la crisi economica che rende improbabile un incremento dei bilanci pubblici e degli investimenti nel welfare
Di Luisa Grion
ROMA – Non di sola criminalità organizzata e di cronica mancanza di infrastrutture soffre il Sud, la prossima bomba pronta ad esplodere è quella demografica. Un rapido invecchiamento della popolazione rischia infatti di metter in pericolo il suo già fragile welfare. Da qui al 2030, nelle regioni del Meridione, la percentuale di popolazione anziana aumenterà a ritmi più elevati rispetto al resto del Paese. E tutto lascia pensare che non ci sarà un’offerta pronta a raccogliere la conseguente domanda di cure mediche e assistenziali. Se non vorrà soccombere sotto questo pesante carico, il welfare del Sud dovrà cambiare.
E’il suggerimento che arriva dall’ultimo studio effettuato dal Censis (“La crisi sociale del Mezzogiorno”) su questa area del Paese. Il rapporto parte dalla attuale situazione demografica e dalle previsioni dei prossimi anni. Oggi nel Meridione d’Italia l’indice di invecchiamento della popolazione (over 65 su under 14) è più basso di oltre due punti percentuali rispetto alla media italiana (18,7 per cento contro 20,8). Nei prossimi anni però, questo rapporto è destinato ad invertirsi e “la questione sociale della longevità transiterà dai territori del Centro-Nord alle regioni meridionali”.
Le prospettive demografiche da qui al 2030 lasciano pochi dubbi; entro i prossimi 17 anni si stima che il totale dei residenti nell’area del Mezzogiorno sia destinato a ridursi del 4,6 per cento, mentre la media del Paese segnerà più 3,7 per cento. La percentuale di over 65 registrerà in entrambi i casi un’impennata, ma nel Sud la crescita sarà ancora più verticale (più 35,1 contro il più 31,4 per cento della media nazionale).
Una trappola dell’invecchiamento che metterà a dura prova l’offerta sociosanitaria che già appare “visibilmente inadeguata”. Oggi, nel Meridione, la cura dei non autosufficienti è riservata soprattutto alla famiglia, anche perché qui, più che altrove, la pensione del nonno permette di vivere al nipote disoccupato. A fornire il servizio sono in larga maggioranza le figlie (responsabili della cura nel 36 per cento dei casi contro la media nazionale del 25) è ciò non aiuta quell’occupazione femminile e quell’aumento di reddito familiare di cui il Meridione avrebbe tanto bisogno.
Anche volendo – avverte il Censis -questo modello presto non potrà più funzionare, non fosse altro perché nelle regioni meridionali si fanno meno figli. Non solo: la crisi economica in atto rende “impensabile immaginare una crescita dei bilanci pubblici tale da generare investimenti per la creazione di una rete di offerta”. E ciò ” è drammatico in un contesto che storicamente registra un deficit di capitali e imprenditoria privata”. Dunque “occorrerà cambiare gioco”. Come? Lo studio individua l’approccio: le poche risorse disponibili (i Fondi di coesione comunitaria 2014-2020) dovranno “sfuggire alla logica della microdistribuzione a pioggia per essere incanalate verso la formazione di filiere integrate”. Non sarà possibile annullare il gap con le strutture già presenti nelle aree più sviluppate, bisognerà mettere insieme “imprese sociali, nuove professioni, nuove tecnologie, nuove modalità di erogazione dei servizi: fare del Merdione il laboratorio di un nuovo welfare di comunità”. La formula è tutta da definire, ma non c’è alternativa al trovarla.
(21 aprile 2013)