Labsus – Rapporto 2015 sull’amministrazione condivisa dei beni comuni
07 Gennaio 2016A quasi due anni di distanza dalla presentazione del primo Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni, a Bologna, il 22 febbraio 2014, Labsus fa il punto con il Rapporto 2015. Il Consiglio comunale di Bologna, con una delibera del 19 maggio 2014 approvò definitivamente il Regolamento, mettendo in moto un meccanismo di diffusione che non si è ancora arrestato. Come ricorda nell’Introduzione il Presidente di Labsus,Gregorio Arena, quella contenuta nel Rapporto è una vicenda che parte da lontano che “a raccontarla non ci si crede, perché l’Italia di cui parliamo in queste pagine non si vede, non fa notizia“.
La vicenda ha inizio all’incirca nel 1997 quando, in un saggio intitolato Introduzione all’amministrazione condivisa, Gregorio Arenaaveva ipotizzato l’evoluzione dell’amministrazione pubblica italiana verso un nuovo modello organizzativo fondato sulla collaborazione, anziché sul conflitto, fra cittadini e amministrazioni. Nel 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, l’amministrazione condivisa divenne disposizione costituzionale grazie all’introduzione dell’art. 118, comma 4 in base al quale “Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini,singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Sono così gettate le basi per la futura amministrazione condivisa, vale a dire un’alleanza fra amministrazioni e cittadini.
La lunga marcia del Regolamento
Dal 22 febbraio 2014, si è messo in moto un meccanismo per la diffusione del Regolamento che ha investito tutto il Paese. Il passaparola degli amministratori e la possibilità di scaricare gratuitamente il testo del Regolamento dal sito di Labsus hanno creato un effetto contagio che nel giro di pochi mesi ha fatto registrare i primi successi. Come si legge nel Rapporto Labsus, a febbraio 2015, già 3.838 tra cittadini, amministratori e membri di associazioni attive sui territori hanno scaricato il Regolamento. Il dato che colpisce immediatamente è che i cittadini che hanno scaricato il testo sono la grande maggioranza, 2.633 (69% del totale), mentre 811 sono gli amministratori (21% del totale) e 394 i membri di associazioni (10% del totale). Evidentemente il Regolamento risponde ad esigenze da tempo presenti nella cittadinanza attiva in Italia, che sente il bisogno di rapportarsi con l’amministrazione per organizzare i propri interventi di cura e rigenerazione di beni comuni urbani nei diversi territori.
Nel giro di pochi mesi si è messo in moto un meccanismo di contagio tra amministrazioni e soggetti della società civile che ha condotto diversi comuni ad approvare il Regolamento: a maggio 2014,subito dopo Bologna, è la volta di Siena, seguita da Ivrea, L’Aquila, Casal di Principe fino ad arrivare ai 54 comuni che alla data del 30 settembre 2015,si sono dotati del Regolamento, ai quali se ne aggiungono, sempre alla stessa data, altri 79 che hanno avviato una procedura di approvazione o sono in procinto di approvarlo. Sono il Sud e le isole (37%) e il Centro (33%) a presentare il numero più elevato di Comuni che lo hanno già adottato.
Regolamento: istruzioni per l’uso
Il Rapporto Labsus si sofferma attentamente sugli aspetti giuridici dei vari Regolamenti adottati. Dall’analisi contenuta nel Rapporto si evince che i principi che informano le nuove relazioni di cittadinanza riferite ai beni comuni sono: il principio di fiducia reciproca, pubblicità e trasparenza, responsabilità, inclusione e apertura, sostenibilità, proporzionalità, adeguatezza e differenziazione, informalità e autonomia civica. Per quanto concerne i soggetti coinvolti nelle relazioni prese in considerazione nel Regolamento, se uno dei poli della relazione non può che essere rappresentato dal comune, nella maggioranza dei casi si fa riferimento ai cittadini singoli e associati, in linea con l’enunciato costituzionale dell’art. 118.
Il cuore del Regolamento è costituito dai patti di collaborazione, lo strumento di attuazione del Regolamento con cui comuni e cittadini danno vita alla relazione collaborativa. Al momento è difficile dire con precisione quanti siano i patti, dato che non sempre le amministrazioni ottemperano agli obblighi previsti dalla disciplina sulla trasparenza, pubblicandoli sui loro siti. Tra le criticità riscontrate nei patti è che, nessuno di quelli analizzati nel Rapporto prevede finanziamenti diretti dai comuni. Il sostegno si caratterizza principalmente in affiancamento e supporto tecnico, in agevolazioni amministrative e in concessione a titolo gratuito di spazi e beni.
La parola ai cittadini
Il Rapporto Labsus 2015 dà ampio spazio alle testimonianze di coloro che sono i veri protagonisti delle attività poste in essere dal Regolamento: i cittadini, con le lo loro storie e le loro esperienze di partecipazione a cura dei beni comuni. Percorrendo l’Italia da nord a sud sono tante le esperienze di manutenzione civica dei beni comuni, dalla scuola all’immigrazione, dai beni culturali agli spazi verdi. Energie presenti nel paese che attendono solo di essere liberate e messe a disposizione dell’interesse generale.
Prospettive future
Dalla chiusura del Rapporto Labsus 2015 ad oggi i Comuni che hanno adottato il Regolamento sono passati da 54 a 68 e quelli che hanno avviato le procedure per l’adozione a 83, segno che il processo di cambiamento non si è ancora arrestato e che l’amministrazione condivisa dei beni comuni costituisce una vera e propria riforma amministrativa che intercetta un’esigenza latente tra i cittadini. Come ricordaGregorio Arena nell’Introduzione, un principio su tutti dovrà guidare le azioni future: il cambiamento avviato“non legittima in alcun modo un ritrarsi dei poteri pubblici di fronte ad iniziative di interesse generale da parte dei privati, anzi prevede che tali iniziative diano vita ad un’alleanza fra amministrazioni e cittadini”.