Diego Motta domenica 5 maggio 2019
La portavoce del Forum nazionale del Terzo settore mette in guardia sul pericolo di certe scelte politiche. L’appello al dialogo e a un tavolo condiviso
Claudia Fiaschi (nella foto) non ha dubbi: pensare di poter fare a meno di noi è stato un grave errore. La società civile è nel Dna di questo Paese, e rimetterla al centro dell’agenda politica è una priorità

Claudia Fiaschi (nella foto) non ha dubbi: pensare di poter fare a meno di noi è stato un grave errore. La società civile è nel Dna di questo Paese, e rimetterla al centro dell’agenda politica è una priorità

Il Terzo settore è nel Dna di questo Paese e rimetterlo al centro dell’agenda politica è una priorità. «Pensare di poter fare a meno di noi è stato ed è un grave errore. Siamo pronti a sederci al tavolo per proporre le nostre soluzioni e dialogare con tutti, a partire dal governo Conte» spiega Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del Terzo settore, che rappresenta 86 organizzazioni nazionali di matrice laica e cattolica, 141mila enti di base associati, oltre 500mila lavoratori e 2,7 milioni di volontari in tutta Italia. Dopo un anno, o quasi, passato a rincorrere l’esecutivo, per sventare macroscopici abbagli, dal raddoppio ventilato (e poi tolto) dell’Ires all’equiparazione (saltata) tra realtà non profit e partiti politici nel decreto ‘spazzacorrotti’, il bicchiere resta mezzo vuoto, come dimostra la campagna lanciata da ‘Avvenire’ in queste settimane.

Troppi i fronti di malessere aperti, troppi i segnali di disprezzo verso i pove- ri e verso chi se ne fa carico. Eppure i margini per cambiare direzione restano intatti, non fosse altro perché, per vocazione, il mondo della cooperazione e del non profit è chiamato per sua natura a negoziare a oltranza e a immaginare in anticipo soluzioni possibili a problemi epocali. «I primi ospedali non nacquero certo per iniziativa pubblica, ma per intuizione profetica della Chiesa e delle reti di carità. Lo stesso discorso vale per le scuole aperte a tutti, in particolare per i bambini poveri, grazie alle Opere pie. Oggi ci sono già pezzi del nostro mondo che stanno arrivando prima dello Stato nei campi della cura e dell’assistenza a domicilio. Se si ferma il volontariato in un campo come quello della sanità, si blocca tutto. Siamo una risorsa, non un peso . Vuole un esempio? All’esecutivo abbiamo presentato da tempo un progetto avanzato per cambiare le politiche migratorie» spiega Fiaschi.

In cosa consiste?
Nella Carta per la gestione dei flussi migratori, chiediamo un approccio condiviso al tema, coinvolgendo tutti i ministeri, non solo il Viminale. Se vogliamo lavorare a una stabilizzazione delle partenze dall’Africa, è necessaria la politica estera, a maggior ragione adesso che ci si è mossi con successo con i corridoi umanitari. Quanto alla buona accoglienza, si costruisce non solo trovando soluzioni alloggiative alle persone, ma pensando a una vera integrazione che tenga insieme inserimento, formazione e lavoro nelle nostre comunità. Ministeri come quello dello Sviluppo economico, della Cultura, della Salute non possono non far parte di un vero e proprio tavolo interistituzionale, a cui dovrebbero convergere tutti gli attori.

In realtà, con il decreto sicurezza tutto è stato accentrato nelle mani di una sola persona.
Non ho mai avuto il piacere di incontrare Salvini, ma abbiamo riscontrato più volte la disponibilità del presidente Conte ad attivare questo confronto. Ora stiamo sollecitando e risollecitando Palazzo Chigi ad ascoltarci. Ci siamo visti a gennaio, ci rivedremo a luglio. Un clima di contrapposizione non giova a nessuno, perché non produce né pace sociale, né inclusione, né sicurezza. Del resto, il nostro ruolo è proprio questo: metterci a disposizione delle forze che governano, di qualunque colore esse siano, per portare la nostra esperienza e le nostre proposte.

Con quali frutti, finora? Il tavolo sulla riforma del Terzo settore, sia pur molto faticosamente, sta dando i primi risultati. Le criticità maggiori riguardano ancora le linee guida sulla raccolta fondi, mentre il registro unico degli enti dovrebbe vedere la luce nei prossimi 12-18 mesi.

Dei fronti aperti in questa offensiva contro il non profit, quali la preoccupano di più?
Mi preoccupa soprattutto la ricerca a tutti i costi di ciò che non funziona, l’idea che si stia lavorando secondo schemi e modelli non consolidati, ma improvvisati. Non è così: a chi ha proposto di istituire una commissione parlamentare sulle comunità familiari, devo ricordare che l’impianto normativo per l’affidamento dei minori è già fortemente regolato, con un Garante nazionale e politiche regionali e comunali condivise. Singoli episodi di malagestione vanno condannati, ma non sono un problema di sicurezza nazionale. Vedo invece positivamente il desiderio di invertire la rotta sui disabili, cercando di recepire il grido di allarme di associazioni e famiglie, mentre il taglio dei fondi alle misure alternative al carcere e alla cooperazione internazionale sono un problema da risolvere.

Conferma la stima dei 20mila posti di lavoro a rischio nel Terzo settore?
Sì. Negli anni della crisi, abbiamo fatto da cassa di compensazione occupazionale: chi perdeva il posto nell’industria manifatturiera, nell’edilizia o nei servizi, in qualche misura è riuscito, dopo un percorso di riqualificazione, a trovare una seconda opportunità in tante cooperative sociali impegnate nell’accoglienza o nel lavoro con i detenuti. Adesso non sarà più così e diversi lavoratori rischiano una seconda espulsione dal sistema occupazionale nel giro di pochi anni. Un fatto che avrà conseguenze sociali rilevanti soprattutto per chi ha più di 50 anni.