Il Codice dei contratti riconosce il rapporto tra PA e Terzo settore
16 Settembre 2020Su co-programmazione e co-progettazione arrivano una serie di misure di coordinamento con il Codice del Terzo settore in cui si ribadisce la parità dei due riferimenti normativi. Si rafforza anche la legittimazione con il quadro europeo. Il commento del professor Luca Gori dal sito www.cantiereterzosettore.it
Durante la conversione del decreto-legge c.d. semplificazioni (DL 76/2020 convertito in legge (testo coordinato), recante Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), l’art. 8, c.5 innova il Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), introducendo una serie di misure di coordinamento fra quest’ultimo ed il Codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117 del 2017). Una modifica apparentemente tecnica, di difficile lettura, ma che ha, in realtà, un impatto ordinamentale notevole, in grado di dare “impulso” ad una attuazione più decisa del principio di sussidiarietà. Si può affermare, infatti, che queste disposizioni “completino”, in qualche modo, la riforma del Terzo settore, precisando uno dei tasselli che l’art. 55 del Codice del Terzo settore – la nota disposizione in tema di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento – non ha esplicitato.
Un breve antefatto può essere utile. Qualche settimana fa, la legge regionale della Toscana n. 65 del 2020 (Norme di sostegno e promozione degli enti del Terzo settore toscano), sull’onda lunga della sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020, honda lunga della sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020a chiarito i presupposti applicativi del Codice del Terzo settore al posto del Codice dei contratti pubblici, compiendo una scelta che il Governo non ha ritenuto in contrasto con la Costituzione (infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato di non impugnare la legge regionale toscana).
Oggi, in sede di conversione del decreto-legge n. 76 del 2020, il Parlamento si spinge avanti su questa linea interpretativa, sancendo che gli istituti dell’«amministrazione condivisa» (artt. 55-57 Cts), come li ha definiti la Corte costituzionale, sono soggetti alle disposizioni della legge n. 241 del 1990 (legge sul procedimento amministrativo) ed alla disciplina del codice civile per ciò che attiene alla fase di stipula degli accordi contrattuali ed all’esecuzione degli stessi (così l’art. 30, c.8 d.lgs. n. 50 del 2016). Non è ammissibile, quindi, una lettura che sostenga che il Codice del Terzo settore si applichi “in via residuale” rispetto al Codice dei contratti pubblici, bensì che i due Codici si muovono su un piano di parità.
In altre due disposizioni modificate dal legislatore (art. 59, c.1 e art. 140, c.1 d.lgs. n. 50 del 2016), si chiarisce che gli istituti dell’«amministrazione condivisa» divengono, a pieno titolo, parte degli strumenti a disposizioni delle pubbliche amministrazioni per concludere rapporti con le pubbliche amministrazioni. Implicitamente, quindi, si afferma che le procedure previste dal Codice del Terzo settore sono pienamente compatibili con il quadro europeo in tema di rapporti fra P.A. e soggetti privati.
Si tratta di un ulteriore passo in avanti, che può fondarsi oggi sulla legittimazione offerta agli istituti del Codice del Terzo settore da parte della sentenza n.131 del 2020 della Corte costituzionale. Il Codice dei contratti pubblici contiene, oggi, quella norma-ponte con il Codice del Terzo settore da molti auspicata, che spegne ogni tentativo di leggere in termini di conflittualità insanabile il regime degli appalti pubblici e quello della co-programmazione, co-progettazione, accreditamento (nelle diverse versioni in cui questi processi possono avvenire). Anzi, si può sostenere che oggi la P.A. ha a disposizione uno strumento fisiologico di gestione del rapporto con il Terzo settore, al fine di assicurare il «coinvolgimento attivo» degli Ets. La disposizione non si esprime nei termini dell’obbligatorietà (sebbene l’art. 55 Cts sembri istituire un obbligo giuridico di assicurare tale coinvolgimento attivo): spetterà a ciascuna amministrazione motivare la scelta sull’una o sull’altra, avendo come punto di riferimento l’art. 118, ultimo comma, Cost.
Luca Gori, costituzionalista e docente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – centro di ricerca Maria Eletta Martini