La resilienza del servizio civile universale alla prova della pandemia
13 Gennaio 2021Al 15 dicembre 2020 si contavano oltre 31.000 operatori volontari. In questo anno difficile per tutti, ha reagito rimodulando progetti e attivando le modalità da remoto per continuare ad essere utile al Paese. E a fine anno, la legge di Stabilità 2021-2013 stanzia 300 milioni annui a fronte del 100 ordinariamente previsti
Per il Servizio civile universale (Scu) il 2020 era iniziato come gli ultimi anni. Gli enti impegnati ad accogliere gli operatori volontari del bando 2019 e a scrivere i testi dei programmi e dei progetti per la prima attuazione delle nuove norme della Programmazione triennale e annuale 2020 – asse centrale della riforma del 2016-17 con la legge n. 106/2016 e il decreto legislativo n. 40/2017 (integrato dal decreto legislativo n. 43/2018) – testi che avrebbero dovuto essere depositati il 30 marzo. Il dipartimento Politiche giovanili e Servizio civile universale (Dpgscu) era concentrato nell’attuazione della riforma, cercando di capire cosa fosse realizzabile a breve e cosa invece richiedesse tempi più lunghi.
Poi è arrivato il Covid. Con l’inizio di marzo tutto si blocca. Le organizzazioni accreditate, quando non colpite da lutti o ricoveri, sospendono le loro attività. Anche il Dpgscu, con il dpcm del 10 Marzo “dispone la sospensione dei progetti di servizio civile in tutto il territorio nazionale” fino al 3 aprile 2020. Di conseguenza decine di migliaia di operatori volontari si bloccano.
Riuscirà il Servizio civile universale a sopravvivere? L’interrogativo nella mente del dipartimento, di larga parte degli enti accreditati e degli operatori volontari, è un altro. Come essere utili al Paese, mettendo in pratica la finalità di “concorso, con modalità civili e non armate alla difesa del Paese”, aggredito non ai confini ma nella salute dei cittadini, nel funzionamento dell’organizzazione sociale.
Oltre 31.775 operatori a sostegno di un Paese in emergenza
Il report del 15 dicembre 2020, che il Dpgscu ha prodotto sull’andamento del servizio nel 2020, ci testimonia questa resilienza. Giorno 1 marzo 2020 erano 32.645 gli operatori volontari in servizio. Di questi, 25.742 avevano sospeso il servizio al 31 marzo, alcune migliaia avevano terminato il loro periodo di servizio avviato nel 2018, alcune centinaia avevano abbandonato il servizio appena iniziato, 3.213 erano in servizio in progetti direttamente impegnati per il contenimento della pandemia e il soccorso delle persone. Al 15 dicembre 2020 erano in servizio 31.775 operatori volontari e solo 102 hanno ancora il progetto sospeso.
Uno dei fattori di successo è stata la possibilità di rimodulare le attività, prevista dalla circolare del Dpgscu del 4 aprile 2020, costruita assieme fra le componenti del Servizio civile universale. Prevista da una parte la rimodulazione radicale, per cui saranno nuove per mesi le attività da svolgere, richieste in quel territorio dalla situazione generata dalla pandemia; dall’altra parte, c’è la rimodulazione parziale per cui le stesse attività verranno fatte da remoto.
Sempre il citato rapporto del 15 dicembre 2020 dice che se il 16 aprile erano 13.044 gli operatori che continuavano le attività ordinarie, 10.531 stavano svolgendo nuove attività. Al 15 dicembre 24.280 sono rientrati nelle attività ordinarie e 7.495 sono ancora in attività rimodulate.
La rimodulazione parziale con il passaggio ad attività da remoto o in forma mista tiene il medesimo trend. Il 16 aprile solo 7.523 operatori volontari operano sul campo, 9.680 esclusivamente da remoto e 6.372 in forma mista. Il 15 dicembre sono solo 4.023 quelli impegnati da remoto, 8.052 in forma mista e ben 19.700 sul campo.
Con la medesima circolare vengono messi in sicurezza gli operatori volontari anche dal punto di vista economico (percepiscono l’assegno mensile anche quando i progetti sono interrotti).
Mentre infuria la prima fase della pandemia, il sistema del Scu inizia a lavorare per trasferire nella normativa ordinaria, oggetto di critiche per alcune rigidità burocratiche, le buone pratiche rese possibili dalle “deroghe in stato di emergenza”.
Come la normativa di emergenza ha integrato quella ordinaria
Nel dramma della pandemia si alza lo sguardo e si valorizzano alcune “deroghe motivate dallo stato di emergenza” fissate con la circolare del 4 aprile inserendole nella normativa ordinaria, per rendere stabili alcune buone pratiche che si stanno realizzando. È consapevolezza comune che potrebbero riproporsi su scala nazionale o circoscritte a specifiche parti del Paese situazioni di emergenza, a cui il Scu deve saper rispondere. Parte con la fine di luglio una batteria di gruppi di lavoro della Cnsc assieme al Dpgscu che condurrà con il mese di dicembre a innovazioni nel bando Giovani sulle modalità di tenere i colloqui con i giovani (anche da remoto) e a nuove “Disposizioni per la redazione e presentazione dei programmi di Scu”. Diventa, quindi, possibile svolgere attività da remoto, pur limitata ad una percentuale del tempo e rimodulare una parte delle attività originariamente previste.
Con il termine del 2020 è stato anche reso noto il protocollo fra la Ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano e il Ministro per le Politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora per la sperimentazione di un bando di servizio civile dedicato all’alfabetizzazione digitale dei cittadini.
In questo scenario è, invece, gravemente colpito il servizio civile all’estero, con precipitosi rientri in Italia a marzo e mancati avvii dei progetti nei mesi successivi. Una ferita operativa e culturale a cui dedicare tutta la cura necessaria nel 2021.
Consulta nazionale rinnovata e elezioni della Rappresentanza degli operatori volontari
L’integrazione della normativa ordinaria è facilitata dall’attivazione di un’altra delle innovazioni della riforma del 2016. Con il 29 di luglio la nuova Consulta nazionale del servizio civile (Cnsc) si riunisce per la prima volta ed elegge, come presidente, una rappresentante nazionale degli operatori volontari, Feliciana Farnese, dal 2016 presente nell’organismo. Un organismo trasformato, allargato a 23 componenti (prima erano 15).
La Consulta del 18 Novembre, su proposta della Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc), ha chiesto che i fondi non attivati del bando 2019 siano impiegati subito per il bando 2020.
Nel 2020, dopo una serie di rinvii, si sono tenute anche le elezioni dei rappresentanti regionali degli operatori volontari. Si conferma la bassa partecipazione degli operatori stessi, nonostante la massiccia promozione fatta da tutte le componenti del Scu. Solo 2.372 giovani hanno votato. L’assemblea nazionale che avrebbe dovuto concludere il ciclo elettorale, con l’elezione dei nuovi rappresentanti nazionali dell’area Nord e dell’area Sud, prevista per dicembre, è stata posticipata a data da destinarsi. I nuovi rappresentanti andranno a sostituire nella Cnsc gli attuali, in carica dal 2016.
Il bando ordinario 2020
Il 21 dicembre è stato pubblicato il bando ordinario 2020 di servizio civile che si articola in 39.538 posti per Programmi in Italia e 605 all’Estero, a cui se ne aggiungono 6.748 in alcune Regioni nell’Azione Garanzia Giovani, per un totale di 46.891 posizioni di Scu. In conseguenza della decisione sull’impiego dei fondi non spesi del bando 2019 ci sono ulteriori 8.900 posizioni finanziate, con una integrazione al bando 2020 che porta a circa 55.000 le posizioni di servizio civile.
Più fondi al servizio civile universale nella legge di Stabilità 2021-2023
La decisione del Governo, a seguito delle pressanti richieste delle organizzazioni sociali, fatta propria dal Parlamento con la legge di Stabilità 2021-2023, di aumentare la dotazione del fondo nazionale del servizio civile per il 2021 e il 2022 a 300 milioni annui, da quasi 100 ordinariamente previsti mette il Dipartimento in grado di sostenere circa 55.000 posizioni annue per il 2021 e per il 2022.
* presidente di Cnesc