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Green pass e volontariato, qualcosa sta cambiando

Manca ancora un ulteriore intervento normativo che definisca in concreto le modalità di verifica dell’obbligo previsto dall’ultimo decreto legge nei luoghi di lavoro pubblici e privati, ma la strada segnata è sicuramente quella della responsabilità.

In prima linea fin dalla prima fase di emergenza dovuta all’epidemia da Covid-19 nel marzo 2020, i volontari hanno svolto un ruolo cruciale in questo lungo anno e mezzo di pandemia. Dall’assistenza alle famiglie bisognose fino al supporto nelle strutture ospedaliere, gli “eroi” premiati anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a dicembre 2020 non hanno mai smesso di operare. Spesso, però, lo hanno fatto senza chiari riferimenti normativi, costretti a delicati sforzi interpretativi per ritagliarsi il proprio spazio nella legislazione di emergenza scandita da obblighi e divieti.

Per la prima volta, oggi, viene prestata attenzione all’attività dei volontari e alla loro sicurezza, equiparandoli per questo aspetto ai lavoratori, rendendo obbligatorio anche per i volontari il possesso e l’esibizione del green pass per l’accesso e lo svolgimento delle proprie attività nei luoghi di lavoro pubblici e privati. L’indicazione generale è contenuta nella norma che ne disciplina l’uso nei luoghi di lavoro (dl 127/2021): a breve è atteso un provvedimento contenente le modalità per le verifiche del certificato verde.  Resta di fatto un segnale importante per gli oltre 5,5 milioni di volontari che operano nel nostro Paese per il bene della collettività, a conferma del fatto che cautela, sicurezza e responsabilità sono necessari punti di riferimento per affrontare questa emergenza.

Qualcosa è cambiato, quindi.

Basti pensare alla difficoltà durante le prime settimane di emergenza da parte dei volontari di reperire dispositivi di protezione individuale o alla mancanza di indicazioni specifiche nell’autocertificazione per gli spostamenti in zona rossa. L’impegno volontario – e non solo quello inquadrato nell’ambito della protezione civile – non si è mai fermato, ma lo ha fatto provando a interpretare per analogie e rimandi quale fosse il proprio spazio all’interno di questo nuovo ordine sociale, ancora più bisognoso della loro azione. Alcune indicazioni erano state fornite dal Governo nelle Faq pubblicate il 15 marzo 2020 in merito al Decreto #IoRestoaCasa, in cui veniva confermata la possibilità di svolgere attività di volontariato singolo o organizzato nei confronti delle fasce deboli della popolazione (ad esempio anziani o disabili) per consegnare loro alimenti, farmaci o altri generi di prima necessità o anche per il disbrigo di pratiche amministrative (quali, ad esempio, il pagamento delle bollette).

Ci sono stati, comunque, ambiti nei quali il Governo si è mosso in modo più deciso. Durante il lockdown, ad esempio, intervenne temporaneamente sull’incompatibilità tra volontariato e attività lavorativa (dl 14 del 9 marzo 2020) concretizzando una deroga che consentì, ad esempio, ai medici contrattualizzati in un’associazione di operare anche come volontari.  Ancora, nell’aprile 2020 una circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è intervenuta sul ruolo dei servizi sociali nel coordinamento dell’azione volontaria.

Anche le prime riaperture a maggio 2020 sono state segnate da uno stato di incertezza sulle attività consentite da parte di molte organizzazioni non profit, le quali hanno comunque sempre operato con cautela e responsabilità, cercando di orientarsi tra l’emanazione di specifici protocolli di gestione delle attività, e il susseguirsi di indicazioni normative nazionali da coordinare con le ordinanze locali, specificamente adattate alle situazioni epidemiologiche locali.

Sinora i volontari hanno avuto difficoltà a orientare i propri comportamenti in mancanza di precise indicazioni. Avere ora indicazioni normative chiare è fondamentale perché significa un maggiore riconoscimento del loro ruolo e nella loro azione. È tempo che questo accada in modo strutturato e sistematico. Non a caso, la riforma del Terzo settore ha già avviato questo percorso, ponendo le basi per la definizione di un nuovo “diritto” dedicato a un mondo così complesso e in continua evoluzione come quello del non profit italiano.

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