La solidarietà non è un lusso: 30 anni fa la nascita del Terzo settore italiano

“Negli anni ’80 associazionismo, volontariato e cooperazione sociale hanno costruito una frontiera di resistenza contro il dilagare della questione morale, di una cultura e di comportamenti improntati all’individualismo sfrenato, al consumismo, all’economicismo, all’egoismo. Proprio negli anni ’80 è emersa in vaste aree sociali una crescita di soggettività del cittadino comune, una maggiore disponibilità e propensione ad organizzarsi in maniera autonoma dalle tradizionali forme politiche e nonostante i limiti e le carenze dello stato sociale”. 

Inizia così il documento di convocazione della manifestazione nazionale del 29 ottobre 1994 “La solidarietà non è un lusso”, che segnò la nascita del Terzo settore italiano e aprì la strada alla costituzione, tre anni più tardi, del Forum Nazionale del Terzo Settore. “La solidarietà non è un lusso”, promossa da oltre 200 realtà sociali, fu la prima mobilitazione che unì, sulla base di comuni valori e obiettivi, quelle che il manifesto stesso chiama “le forze della solidarietà e della partecipazione”. Nei 30 anni trascorsi, quelle forze sono cresciute e si sono strutturate in ciò che oggi, anche grazie al percorso di riforma iniziato nel 2016, è riconosciuto come Terzo settore, che costituisce la gran parte delle 360mila organizzazioni non profit censite da Istat, le quali impiegano oltre 900mila dipendenti e coinvolgono 4,6 milioni di volontari. 

“La solidarietà non è un lusso” prendeva le mosse da una forte denuncia della “crisi gravissima” che aveva iniziato ad attraversare non solo il nostro Paese, ma tutto “il mondo sviluppato” a seguito degli anni ’80 (si citano 50 milioni di poveri in Europa e 20 milioni di disoccupati), rilanciando la necessità “della pace, della convivenza, dell’ambiente, della lotta al razzismo, della solidarietà internazionale e della cooperazione, dell’impegno civile contro la mafia, della tutela dei diritti, della critica solidale dello statalismo e dell’assistenzialismo, delle pari opportunità per tutti i cittadini, della riforma e della moralizzazione della vita politica e istituzionale”. 

Dal manifesto di convocazione traspare nettamente la nascita di nuove consapevolezze: la prima è l’urgenza di un “mutamento della stessa logica di sviluppo” che a livello nazionale e internazionale si stava perseguendo, individuando nel liberalismo selvaggio “una soluzione priva di credibilità che può solo produrre costi economici, sociali e democratici aggiuntivi alla crisi del Paese e del pianeta”.  La seconda consapevolezza è quella del ruolo che sarebbe dovuto spettare al Terzo settore, all’interno di una riforma dello Stato sociale e agendo sul terreno “della risposta utile, efficace, possibile, in modo flessibile ma tale da creare impresa sociale qualificata, sviluppando partecipazione e volontariato, ma creando anche nuova occupazione”. 

Nel 1994 le “forze della solidarietà e della partecipazione” scrivevano di non voler continuare a “coprire in modo subalterno i buchi della pubblica amministrazione” e che le loro attività erano “paternalisticamente incensate dalla politica ufficiale e dai media, quanto vessate e colpite dall’assenza di leggi di sostegno e riconoscimento istituzionale, di politiche sociali efficienti, o dal fallimento operativo di tante leggi esistenti”. 

A 30 anni da quella manifestazione, se da una parte è indubbio che la società e il Terzo settore abbiano compiuto passi in avanti, dall’altra molti degli allarmi lanciati in quell’occasione sono rimasti inascoltati e le conseguenze negative sono sempre più evidenti. Oggi il numero dei poveri in Europa è raddoppiato, l’individualismo sfrenato ha creato nuove forme di solitudine che riguardano soprattutto le giovani generazioni, la spinta alla solidarietà internazionale si è arrestata e viviamo scenari drammatici di guerra.

Anche alcune delle richieste contenute in quel manifesto sono tutt’oggi richieste che, seppure con modalità diverse, il Terzo settore rivolge alla politica, come ad esempio lo sviluppo di una forte economia sociale o il riconoscimento del ruolo degli ETS per lo sviluppo socio-economico del Paese e di una fiscalità adeguata. Alcuni processi, di cui 30 anni fa si chiedeva l’avvio, oggi necessitano di essere portati a compimento: l’esigenza di un “rinnovato rapporto tra istituzioni e cittadinanza”, ad esempio, si traduce nel presente in un’applicazione diffusa ed efficace dell’amministrazione condivisa.  

Ecco perché, in vista del trentesimo anniversario de “La solidarietà non è un lusso”, il Forum Terzo Settore ha iniziato diversi mesi fa un percorso di riflessione interna sulle trasformazioni avvenute nel tempo, sulla validità dei principi che guidarono quell’iniziativa e sulla nuova identità del Terzo settore alla luce dei cambiamenti avvenuti. L’obiettivo è quello di confermare e aggiornare la piattaforma valoriale dalla quale nacque il Terzo settore, dando nuovo slancio e maggiore consapevolezza alla sua attività per il perseguimento di una società più sostenibile, inclusiva, partecipata, per la riduzione delle disuguaglianze anche attraverso l’eliminazione delle cause che le generano, per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone, per lo sviluppo di comunità e territori. 

La prossima tappa di questo percorso sarà il 27 novembre a Roma, in occasione dell’Assemblea dei soci del Forum Terzo Settore: un convegno pubblico, durante il quale interverrà su questi temi anche il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuliano Amato. 

Nei prossimi giorni sarà disponibile il programma dell’iniziativa.

Il video della Manifestazione “La solidarietà non è un lusso” del 29 ottobre 1994:

Collaborazioni

acri
anci
caritas
finanza sostenibile
fondazione triulza
istat
minstero del lavoro
Next
Social economy
welforum

Media partnership

Vita
Dire
redattore sociale
buone notizie