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Diritti umani, Legambiente-UNHCR: gli effetti della crisi climatica sulle migrazioni forzate

In vista della Giornata Mondiale dei diritti umani, Legambiente con il contributo di UNHCR presenta il report “Un’umanità in fuga: gli effetti della crisi climatica sulle migrazioni forzate

Crisi climatica e crisi umanitaria sono due facce della stessa medaglia: lo ricordano Legambiente UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, che nel nuovo report “Un’umanità in fuga: gli effetti della crisi climatica sulle migrazioni forzate” e, in vista della giornata mondiale dei diritti umani che si celebrerà il 10 dicembre, fanno il punto su quanto sta accadendo oggi nel mondo, segnato da conflitti che non trovano pace e dalla crisi climatica che avanza sempre di più. 

Diritti umani e crisi climatica, il report di Legambiente e UNHCR

I numeri parlano chiaro: sono oltre 114 milioni le persone costrette alla fuga da guerre e violenze a livello globale e, secondo le stime dell’UNHCR, quasi il 60% di loro si trova nei Paesi più vulnerabili all’impatto dei cambiamenti climatici, come Siria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Afghanistan e Myanmar. Dagli orrori della guerra e delle persecuzioni alla dura realtà delle avversità indotte dal clima, le popolazioni costrette alla fuga sono spesso costrette a confrontarsi con questo doppio onere per sopravvivere.

Nell’ultimo decennio, dal 2013 al 2022, i rischi legati alle condizioni meteorologiche hanno provocato in questi Paesi una media di 5,7 milioni di sfollati all’anno, oltre il 25% di tutti gli sfollamenti dovuti a catastrofi legate ad eventi meteorologici.

Preoccupanti anche i dati del 2022, riferiti in particolare agli effetti che gli eventi meteorologici estremi comportano. In base alle stime dell’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), solo nel 2022 si è assistito a oltre 32 milioni di nuovi sfollati a causa di disastri, il 98% dei quali legati ad eventi atmosferici, come inondazioni, tempeste e siccità.

“Una fotografia preoccupante su cui è fondamentale intervenire con azioni non più rimandabili”, affermano Legambiente e UNHCR, che chiedono “più cooperazione e dialogo internazionale, e più fondi per mitigazione e adattamento agli effetti della crisi climatica, ponendo attenzione al sostegno delle persone costrette alla fuga e alle comunità ospitanti, a partire dai gruppi più vulnerabili. Il primo segnale importante arrivi da questa COP28, insieme ad un serio Patto di solidarietà tra Paesi industrializzati e Paesi con economie in via di sviluppo”.

“La complessa relazione che esiste tra crisi climatica e migrazioni – spiega Giorgio Zampettidirettore generale di Legambiente – deve essere al centro dell’agenda politica internazionale, perché è un fenomeno in forte crescita, come evidenzia il nostro rapporto. Occorre farlo prima di tutto in un’ottica di solidarietà, accoglienza e inclusività. Serve agire subito attraverso un’agenda comune internazionale, un serio phase out dei combustibili fossili e dei sussidi al loro utilizzo, in modo da poter raggiungere a livello globale zero emissioni nette entro il 2050 e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C”.

La crisi climatica è una crisi umanitaria. Oltre la metà dei rifugiati e degli sfollati di tutto il mondo risiede nei Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico – ha dichiarato Chiara CardolettiRappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. – Dopo gli orrori della guerra e della violenza, i rifugiati sono costretti ad affrontare anche le avversità indotte dal clima, come siccità, inondazioni e temperature estreme per sopravvivere. Non solo, sempre più spesso il cambiamento climatico è alla base dei conflitti che costringono le persone alla fuga”.

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